Daniela Iodice per Giuseppe Vetromile con «Il lato basso del quadrato»
15.11.2018
Il lato basso del quadrato
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autori: | Giuseppe Vetromile |
formato: | Libro |
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Prima ancora di aprire il libro per poi intraprenderne la lettura, mi sono interrogata, come sono solita far sempre, sul messaggio che l’autore intenda trasmettere attraverso la scelta del titolo, che cosa voglia rivelarci di sé; perché la scrittura , soprattutto se poetica, altro non è se non aprirsi all’altro, far dono dei propri pensieri più intimi e segreti. IL LATO BASSO DEL QUADRATO quale riflessione dunque ’Autore confida scaturisca nel lettore, che si soffermi a meditare sulla scelta del titolo, attraverso il riferimento al lato basso del quadrato? Così, interrogandomi, mi è tornato in mente che, nella visione induista yogica del cosmo, il quadrato è considerato divino per la sua perfezione, simbolo della conoscenza e del pensiero umano; inoltre è la figura geometrica a cui viene associata la forma della Terra e sovrintende alle funzioni di base di tutto ciò che esiste. Porsi alla base del quadrato pertanto equivarrebbe a osservare, studiare, analizzare l’essenza stessa del Creato. Nella cultura occidentale l’uomo è abituato per lo più ad orientarsi in base ai 4 punti cardinali: nord sud oriente occidente; porsi alla base del quadrato sembrerebbe dunque presupporre una concezione piatta e verticale del Cosmo.
Al contrario nella visione mistica e spirituale induista yogica si deve tener conto di altri punti, l’alto e il basso, il sopra e il sotto, il dentro e il fuori; il che ci prospetta una concezione circolare, sferica. Mi sono quindi posta, come sembra esigere l’Autore, al lato basso del quadrato per considerarne non solo l’alto e il basso, ma anche il dentro e il fuori, il sopra e il sotto; ed ecco che la figura piana ha iniziato a muoversi, ruotando su se stessa in tutte le direzioni, creando una serie infinita di quadrati concentrici, come in un mandala, risucchiandomi all’interno stesso di un movimento vorticoso ed incessante: il ciclo eterno ed immutabile della vita dell’intero Cosmo Questo ritengo intenda significare Vetromile: porsi al lato basso del quadrato equivale a inserire la propria vicenda individuale e umana nel fluire dell’Universo, nel tentativo di trovare un proprio codice di interpretazione personale,che permetta ad ogni essere vivente di attribuire un senso al proprio passaggio nel Creato che non sia solo quello di far parte del ciclo immutabile di trasformazione, cantato da Lucrezio nel suo DE RERUM NATURA Il tentativo di attribuire un senso alla propria vicenda personale è doloroso e faticoso , una pena paragonabile a quella a cui è condannato SISIFO: spingere per l’eternità un pesantissimo masso fino alla sommità di un monte per poi vederlo inesorabilmente rotolare di nuovo giù a valle. La poesia di Vetromile nasce da questa tensione inesausta TRA SENSO DELL’ASSOLUTO e FINITEZZA DELLA CONDIZIONE UMANA: l’esistenza di ognuno è assimilata a una tangente, una curva all’infinito che sfiora la vita senza mai toccarne la pienezza e gli esseri umani non sono che apparizioni prive di realtà, sembianze sovrapponibili, fantasmi inconsistenti. Tuttavia il poeta non rinuncia alla speranza di lasciare un’impronta nel fluire delle ere, pur nella nostra fatuità, pur nella consapevolezza di non essere altro che un tassello in un indefinito mosaico cosmico, in un susseguirsi ondulatorio di alti e bassi, speranze e disillusioni. Non concede requie la voglia di “andare”, pur su una zattera sfaldata, nel disperato tentativo di toccare l’estremo lembo di Dio e attingere così al possesso della Verità. Sul limitar di Dite, unico strumento di salvezza la Poesia, la foscoliana Funzione Eternatrice della Poesia: apotema di versi che congiungono il centro con il lato, ultima coordinata che permette all’uomo di reinterpretare un mondo ormai privo di punti cardinali a cui appigliarsi nell’indifferenza della macchina cosmica. Lo smarrimento e la disperazione dell’uomo-poeta vengono sottolineati dalla frammentazione del verso e da un uso del tutto originale della punteggiatura - per altro quasi assente - quale il porre i due punti all’inizio del verso. Tale frammentazione del verso e uso originale della punteggiatura equivalgono a pause dell’anima, non legate ai ritmi del tempo bensì al sentimento del tempo e alla percezione soggettiva dello scorrere della vita nel fluire eterno del Creato, ma soprattutto del dolore che nasce dalla contrapposizione tra finitezza dell’uomo e tensione all’infinito. E tuttavia il linguaggio è semplice e piano e si traduce in canto, come sempre accade nella Poesia quando è altamente e sinceramente sentita.
Daniela Iodice
Roma 7 novembre 2018.