Gaspara Stampa e altre poetesse del ’500
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Descrizione |
a cura di Francesco Flora
Voi, ch’ascoltate in queste meste rime
Voi, ch’ascoltate in queste meste rime, in questi mesti, in questi oscuri accenti il suon degli amorosi miei lamenti e de le pene mie tra l’altre prime, ove fia chi valor apprezzi e stime, gloria, non che perdon, de’ miei lamenti spero trovar fra le ben nate genti, poi che la lor cagione è sì sublime. E spero ancor che debba dir qualcuna: – Felicissima lei, da che sostenne per sì chiara cagion danno sì chiaro! Deh, perché tant’amor, tanta fortuna per sì nobil signor a me non venne, ch’anch’io n’andrei con tanta donna a paro? Non intendiamo stabilire il genere letterario “poetesse”, contrapposto al genere “poeti”, sebbene nella inanità critica dei generi letterari, tanto cara a chi non cerca la sostanza poetica ma si appaga dei suoi casellari notarili, esso avrebbe non minor senso dell’egloga piscatoria o della ilaro-tragedia satiro-pastorale. Chi si contenta di osservazioni generali, più o meno approssimative, dirà che la poesia femminile è sempre romantica, anche quando tocca la suprema, l’aurea perfezione, di Saffo. [...] Ma queste osservazioni non devono distrarci dall’essenziale, da quella sostanza poetica cioè che è la sola legittima ricerca della critica. Noi intendiamo valerci di uno spontaneo aggruppamento pratico, con l’intesa che ciascun poeta di quel «terribile sesso» di cui parlava, attratto e pure atterrito, Alessandro Manzoni, va considerato nella sua particolare originalità umana, e diciamo pure nella particolare virtù inventiva, espressa solamente nello stile e nel tono del suo testo. Una considerazione di storia del costume può servire a meglio spiegare questo legittimo raggruppamento, ricordando che il Cinquecento è ricco di poetesse. dall’introduzione di Francesco Flora |
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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