La scrittura come frammento di speranza
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Descrizione |
a cura di Cinzia Chiesa e Anna Rotondo
Questo testo nasce come testimonianza e come esigenza di ascoltare, di stare accanto, di riconoscere la forza della parola scritta nei luoghi e nei momenti in cui tutto sembra crollare, perdere senso. La Palestina oggi è ferita in modo lacerante: anche in una situazione difficile come quella attuale (ma anche di altri momenti) continua a generare voci che non rinunciano a cercare la bellezza, la poesia, pur tra le macerie. Gli scritti raccolti in queste pagine – poesie, prose, testimonianze – sono attraversati da una tensione profonda tra il dolore e la speranza. Non raccontano solo la tragedia: raccontano il legame con la vita, la forza del pensiero, la delicatezza del ricordo. Nelle parole delle autrici e degli autori palestinesi che qui ascoltiamo, la scrittura diventa gesto di resistenza e una promessa: la promessa che la luce non è mai del tutto spenta. Cercarla è già un modo di custodirla. Alcuni dei testi sono presentati in italiano, altri in italiano e in arabo. La presenza della lingua araba nasce dal desiderio di restituire, accanto alla traduzione, anche la voce originaria degli autori. In alcuni casi, infatti, i testi sono stati raccolti direttamente grazie a un contatto vivo con le scrittrici e gli scrittori; in altri casi, ci siamo affidati a traduzioni esistenti. Questa raccolta è un modo per avvicinarsi, in silenzio, con attenzione, a un popolo che continua a parlare, a raccontarsi e a sognare anche quando il mondo sembra guardare altrove. Quarta di copertinaQuando mi chiedi della mia paura, ti parlo della morte del venditore di caffè, della mia gonna che è diventata il tetto di una tenda. Ti parlo della mia gatta che ho lasciato nella città vuota e che ora miagola nella mia testa. Vorrei una grande nuvola che non piove, un aereo che lancia caramelle, muri dipinti su cui disegnare una bambina con due braccia che sorride. Quelli sono i sogni della tenda. Ti amo. Ho abbastanza coraggio per arrampicarmi su un edificio che non esiste e saltare tra le tue braccia. Poi confesso: sto bene. Fammi di nuovo la stessa domanda. Quando mi chiedi della mia paura, ti parlo della morte del venditore di caffè, della mia gonna che è diventata il tetto di una tenda. Ti parlo della mia gatta che ho lasciato nella città vuota e che ora miagola nella mia testa. Vorrei una grande nuvola che non piove, un aereo che lancia caramelle, muri dipinti su cui disegnare una bambina con due braccia che sorride. Quelli sono i sogni della tenda. Ti amo. Ho abbastanza coraggio per arrampicarmi su un edificio che non esiste e saltare tra le tue braccia. Poi confesso: sto bene. Fammi di nuovo la stessa domanda. |
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