Il disperso
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Descrizione |
a cura e traduzione di Il disperso, sino a pochi anni fa generalmente noto con il titolo Amerika, attributogli nel 1927 da Max Brod che ne curò la prima edizione postuma, è il primo romanzo incompiuto a cui Franz Kafka lavorò (con interruzioni e riprese) tra il 1912 e il 1914. Ma Il disperso non è solo il primo romanzo di Kafka, antecedente a Il processo e Il castello - è anche quello in cui, in una serie di avventure picaresche che curiosamente ricordano il Pinocchio di Carlo Collodi, si esprime forse con più forza la vena ironica e umoristica dell’autore praghese. Nelle peripezie del protagonista Karl Rossmann, ambientate in un’America che rappresenta la modernità postrema, Kafka fornisce una descrizione acuta e precisa, a tratti esilarante e tanto calata nella “carne del mondo” da farla apparire imparentata con i migliori film di Chaplin, della società capitalista moderna: dei meccanismi che regolano la circolazione di merci, persone e denaro, della velocità e dei ritmi della metropoli, delle figure bizzarre che la popolano, con le loro deformazioni fisiche e caratteriali. Quarta di copertina«E la mattina e la sera, e nei sogni la notte, su questa strada si svolgeva un traffico perennemente congestionato, che, visto dall’alto, appariva come una composizione sempre di nuovo rimescolata di figure umane distorte e di tettucci di veicoli di ogni genere, dalla quale si sollevava un ulteriore miscuglio altrettanto composito e ancora più selvaggio di rumori, polvere e odori, e tutto questo era avvolto e permeato da una luce potente, sempre nuovamente dispersa, trasportata via e riportata indietro con zelo dalla moltitudine degli oggetti e che all’occhio incantato appariva corporea come se su questa strada una copertura di vetro venisse a ogni istante infranta con tutte le forze.» «E la mattina e la sera, e nei sogni la notte, su questa strada si svolgeva un traffico perennemente congestionato, che, visto dall’alto, appariva come una composizione sempre di nuovo rimescolata di figure umane distorte e di tettucci di veicoli di ogni genere, dalla quale si sollevava un ulteriore miscuglio altrettanto composito e ancora più selvaggio di rumori, polvere e odori, e tutto questo era avvolto e permeato da una luce potente, sempre nuovamente dispersa, trasportata via e riportata indietro con zelo dalla moltitudine degli oggetti e che all’occhio incantato appariva corporea come se su questa strada una copertura di vetro venisse a ogni istante infranta con tutte le forze.» |
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