Principi di politica impopolare
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Più che impopolari, questi Principi di politica che Giuseppe Rensi pubblicò per la prima volta in volume nel 1920, nel pieno del Biennio rosso, e da decenni introvabili se non in poche biblioteche, suonano oggi proprio blasfemi. Prendiamo la sua posizione nel dibattito sul voto alle donne, appena introdotto in Gran Bretagna e nella Repubblica di Weimar, ma non ancora nella laicissima Francia della Terza Repubblica: «Che dire dell’elettorato femminile da buttarsi là per pura rettorica ad un paese in cui solo sette od otto signore lo reclamano? La donna uguale all’uomo, libera, padrona! È questa l’ultima aberrazione del nostro demagogismo» [...]. La verità è che a Rensi, in questa raccolta di scritti dissennati, non va bene proprio niente. La borghesia? Pavida, miope, votata all’autodistruzione. I proletari? Peggio ancora, «bevono più dei borghesi, fumano più dei borghesi». Né, per fuggire alla realtà, il filosofo può concedersi di sognare un paio d’ore grazie a un’invenzione abbastanza recente, messa a punto venticinque anni prima da due fratelli fotografi in una fabbrica di Lione, e destinata ad allargare a dismisura l’immaginario dell’umanità [...]. I Principi di politica impopolare sono, è vero, una raccolta di scritti orgogliosamente reazionari. Ma lo sono soltanto in superficie; nel profondo (ed è questa la grandezza, scettica e anarchica, del filosofo) sono autenticamente rivoluzionari.
dall’Introduzione di Paolo Beltramin
Articoli che parlano di Principi di politica impopolare
Conquiste del Lavoro 30 1 16 per Rensi e Principi di politica impopolare
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