Voci di vento e di silenzio
![]() |
€ 11,40 invece di € 12,00
EUR
Spedito in 1 giorno
|
Descrizione |
In questa nuova raccolta, che segue a dodici anni di distanza l’opera prima L’estremamente magico, Rolando Alberti scende ancor più in profondità nell’esplorare il rapporto magico e ancestrale che lo lega ai luoghi della sua terra. La sua è una poesia intessuta di voci e di silenzi, di odori e di rumori, che muovendo dall’esperienza contingente del quotidiano apre squarci vertiginosi verso una dimensione che trascende il tempo e percorre strade spirituali inesplorate, fino all’incontro – non sempre facile – con la presenza pervasiva del divino. Che si tratti del suono flautato di un canto d’uccello che rompe il silenzio del bosco (viii, La preghiera di Pen) o dello spettacolo triste di una carogna d’animale divorata dai vermi (vi, Carogna), tutto agli occhi di Rolando appare pervaso dalla tensione fra la limitatezza temporale entro la quale il vivente è confinato e l’infinità dell’Essere cui tutto appartiene. La morte è il solo varco che permette il transito fra l’una e l’altra dimensione: essa ferma il succedersi degli attimi di una vita e riconsegna l’individuo all’eternità priva di tempo, a una dimensione sovrumana la cui voce è fatta di silenzio. Ma c’è un modo per i vivi di cogliere almeno un’eco di quella maestosa voce silente? Di questo va in cerca il poeta quando ascolta con commozione l’ululato «tenero e sensuale» di un animale smarrito nella solitudine della montagna, che forse sta comunicando con mondi lontani (xviii), o quando riesce ad ascoltare il vuoto siderale contemplando le creste che la luce lunare dipinge di vesti splendide simili a «un fantasma di anemoni» (xxxiv). Quarta di copertinaScrivo per percorrere spazi inesistenti fatti da scoscese rupi e da villaggi gremiti e da città ormai silenziose. Scrivo per non vedere il fantasma di quel rimorso, che fu l’inizio del suono di questo ritmo, simile al camminato che mi fece allontanare da un delitto che non ho commesso, ma in me sento la colpa di non portare il castigo. Vago in questi solenni e iracondi spazi per placare l’ultimo pianto di Abele. Scrivo per percorrere spazi inesistenti fatti da scoscese rupi e da villaggi gremiti e da città ormai silenziose. Scrivo per non vedere il fantasma di quel rimorso, che fu l’inizio del suono di questo ritmo, simile al camminato che mi fece allontanare da un delitto che non ho commesso, ma in me sento la colpa di non portare il castigo. Vago in questi solenni e iracondi spazi per placare l’ultimo pianto di Abele. |
Chi ha visto questo prodotto ha guardato anche... |
Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.