Da grande voglio fare il poeta

... Ecco: la cosa più bella del libro è proprio l’armoniosità della concertazione, per cui si passa senza sforzo da un episodio depositato nella memoria individuale al suo inserimento in un orizzonte più ampio, come sintomo, ma anche come conferma che i concetti veri si costruiscono con l’esperienza.
Non si tratta di un collage di stati d’animo: viene data voce a un piccolo mondo scomparso, rispetto al quale l’io narrante si tiene giudiziosamente in disparte, riservandosi la consistenza del coro, intuendo che la storia di ognuno non è che il riflesso di quella degli altri. Per non dire del giudizio politico che ne discende, con garbo ma anche con fermezza.

dalla presentazione di Bruno Nacci

L’osteria come scatola dei sogni. La sera, sotto il mio letto, sollevando senza far rumore una tavoletta di legno (un retaggio delle case contadine), con lo sguardo potevo abbracciare dall’alto la parte più frequentata del salone. Senza mai essere scoperto, ho assistito a quello spettacolo zenitale: silenzi, esplosioni verbali nel gioco delle carte, cruenti scenari di guerra: Abissinia, Albania, Grecia, Russia, Montecassino. Sconfinate distese di neve, assolate piste nel deserto; gli estenuanti tornanti da Massaua all’altopiano dell’Asmara, un pitone che abbraccia la cabina di un camion...